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Sul naufragio di Lefkada – “basta che siano lontani”

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“Non intendo nascondere le parole, nè averne paura, ne cercare di abbellirle. Rivendichiamo la permanenza del termine ‘illegale’ rispetto al termine ‘irregolare’ nel vocabolario politico europeo”.

Questo ha detto Nikos Dendias, ministro degli Interni greco, nella mattinata di Venerdì rispondendo ad una domanda sull’uso del termine “migranti illegali” da parte del governo.

Una dichiarazione che sarebbe passata inosservata sotto condizioni normali, visto che le posizioni di ormai estrema destra del governo Samaras non provocano alcuna sorpresa.

Ma ecco che poche ore prima, alle 7 del mattino dello stesso giorno, nella zona marittima di Pàlairos (di fronte all’isola di Lefkada), dodici persone annegano in mare tentando la traversata su di una barca che avrebbe dovuto condurle verso la “Terra Promessa”, l’Italia. Giovani, dalla Siria e dall’Egitto. Dodici persone perseguitate dalla guerra, dalle armi chimiche e dalle torture nel proprio paese, sono finiti sul fondo del mare Ionio.

Persone che un trafficante greco ha prelevato ad Atene e portato su di una spiaggia nota ai trafficanti. Alcuni si trovano nelle liste dei “fortunati”, quelli le cui identità sono ancora riconoscibili. Le migliaia di altri che il mare non porta fuori sono le perdite collaterali, perdute nel nome della sicurezza della patria e della sovranità nazionale voluta da Samaras e Dendias.

Gli schiavisti/trafficanti li avevano promesso l’arrivo in Italia attraverso la Grecia. Hanno scelto questa spiaggia deserta a Palairos per non essere visti. Dalla piccola barca li hanno forzati a saltare su di un’altra imbarcazione che li avrebbe portati dall’altra parte. Il panico e la paura di dover fare tutto in fretta, il peso che si trasporta da un lato della barca, che si capovolge. Chi sa nuotare, aiuta gli altri a tornare sulla spiaggia. Quindici superstiti e otto morti in mare. Non hanno fatto in tempo…

Poco dopo, la Guardia Costiera ne trova ancora quattro sotto la cupola rovesciata del relitto. Alcuni si sono presi – letteralmente – la barca sulla testa, e la botta li ha uccisi sul colpo. Tra di loro, tre ragazzini ed una ragazzina, dai tre ai sei anni.

Un mese dopo Lampedusa, i sans papiers, gli abitanti degl’inferi che cercano il loro pardiso in Europa ritornano sui nostri schermi. Questa volta perchè erano in tanti, perchè si sono persi in pieno giorno e con il sole. Nonostante ciò, il discorso pubblico rimane fedelmente sottomesso all’egemonia di estrema destra, col suo umanesimo passe-partout cantilenato dai megafoni governativi nei TG. “Morti dei migranti illegali” informavano i TG pomeridiani di Skai e Mega. Anche nella morte rimangono illegali, e stranieri.

I cittadini di Atene possono dormire tranquilli. Ad altri dodici “stranieri” è stato impedito lo scempio dell’estetica urbana. Il mondo intellettuale del paese ha vinto altri dodici posti sulle panchine di Aghios Panteleimonas. Dodici greci potranno – forse – godere di dodici posti di lavoro che avrebbero preso gli “stranieri”, in Manolàda. Non abbiate più paura, tanto sono annegati. L’Europa-Fortezza ci protegge. Il muro di Frontex e di Dendias in Evros ottiene dei fantastici risultati. Meno cadaveri laggiù sul confine turco, qualcuno in più in mare.

Per chi sono sopravvissuti, i quindici che hanno visto i loro ragazzi, le loro donne e i loro amici annegare senza aiuto? La risposta è semplice. Nella Grecia di Samaras e della sua banda di estrema destra, non ha alcuna importanza chi sei, da dove vieni, cosa fai. La strada è nota. E’ la legge dell’ospitalità inegugaliabile di “Xenios Zeus”. Conosceranno da vicino la vita nelle scatole di Amygdaleza e degli altri campi, o il lavoro sfruttato dei proprietari terrieri della periferia greca. Se non basta, c’è l’altra alternativa: il coltello dei nazisti.

Ma possono anche avere la fortuna dei migranti di Amygdaleza, e seguire la strada del rimpatrio. Non ha nessuna importanza che la loro “patria” sia da un anno e mezzo un inferno di fuoco e sangue. Basta che non siano vicino a noi. “Che ritornino da dove sono venuti”, perchè da distante è più facile per tutti far cadere le lacrime – false – per la tragedia del popolo siriano.

Basta che siano lontani da noi.

Fonte: Barikat (facebook)

Traduzione di Atene Calling.org

 

Fonte: atene calling.org

 


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